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Fiat: La svolta di Mirafiori
11/12/2010
di Giovanni Iozzia
Se i lavoratori accetteranno le nuove proposte della Fiat l’investimento si farà, altrimenti la produzione verrà trasferita altrove
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«Credo che le reazioni dei lavoratori saranno positive. Ma se la risposta sarà negativa l'investimento in Mirafiori non si farà». E’ categorico l’amministratore delegato della maggiore industria automobilistica italiana, Sergio Marchionne, che allo stesso tempo, esprime però ottimismo: «Se i lavoratori non volessero l'investimento sarebbe un grandissimo peccato anche perché ci sono tanti altri siti produttivi disponibili». Per quanto riguarda la notizia di una raccolta di firme a Mirafiori, pare già giunte a quota 2.500, sfavorevoli alla proposta, ha commentato: «Se è vero vuol dire che i lavoratori non vogliono l'investimento. Allora c'è un problema più fondamentale ma credo che non sia vero».
Ecco, per meglio comprendere, i principali dati del piano per Mirafiori presentato da Marchionne, ai sindacati il 26 novembre all'Unione Industriale di Torino: un investimento di oltre un miliardo di euro, l’inizio della produzione nel secondo/terzo trimestre 2012, i modelli prodotti saranno Berlina e Suv dei marchi Alfa Romeo e Jeep che non saranno venduti solo nell'Unione Europea, produzione per il 2012 di 120.000 vetture, produzione annuale successiva di 250.000 – 280.000 vetture, produzione dipendenti delle carrozzerie.
Se l’accordo, invece, non si dovesse fare «c'è un piano B. La macchina mi serve e se non posso farla da una parte la faccio da un'altra. Abbiamo un altro partner, il brand americano da vendere. Faremmo una figuraccia», conclude Marchionne.
Sulla vicenda interviene anche il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia: «C'è un investimento importante. Non c'è nessuna richiesta folle da parte di Fiat, non c'è nessuna lesione dei diritti». Confermato anche il fatto che la newco costituita da Fiat e Chrysler per Mirafiori uscirà da Confindustria in attesa che si elabori uno specifico contratto per il settore auto. «Federauto può essere la soluzione giusta», ha detto Marchionne.
I sindacati hanno manifestato una certa perplessità.«Voglio sapere prima con certezza se si fa l'investimento - ha detto il segretario della Cisl Raffaele Bonanni - c'è una sola priorità: sapere se si fa l'investimento. Fiat ce lo dica, noi l'aspettiamo. Una volta garantito questo vogliamo sapere quali sono gli strumenti per mettere al sicuro gli investimenti. Fiat ci dica la sua opinione, noi daremo la nostra. Ogni schema può andare bene, a condizione che le regole siano dentro le linee guida della riforma contrattuale e nel perimetro associativo di chi l'ha partorito». Il segretario generale della Uilm Rocco Palombella, dice: «Al momento voglio capire quali sono i motivi che sono alla base della decisione. Per quanto ci riguarda la newco non è in discussione come non lo era quella per Pomigliano ma all'interno del contratto attuale si possono trovare le soluzioni per rispondere alle esigenze della Fiat». Più duro il segretario della Fiom Maurizio Landini: «La Fiat detta le condizioni a Confindustria e vuole definitivamente smantellare il contratto nazionale». Preoccupato il segretario generale dell’Ugl Giovanni Centrella: «Con il Gruppo Fiat stiamo perdendo tempo prezioso, non illudiamoci di poter fare il gioco dell'oca con una multinazionale senza pagarne amaramente le conseguenze. Non si deve consegnare al Lingotto un alibi perfetto per andare via dall'Italia, perché ha già tanti stabilimenti sparsi per il mondo pronti a produrre a condizioni migliori delle nostre e perché qualsiasi fallimento della trattativa ricadrà esclusivamente sulle spalle di tutti lavoratori e di tutte le fabbriche italiane, a cominciare dal quelle del Sud».
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