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Marchionne: «L’impianto di Termini Imerese non produrrà più auto»


02/12/2009

di Giovanni Iozzia

L’amministratore delegato della FIAT ha confermato la decisione al ministro dello Sviluppo Antonio Scajola. Ma gli operai non ci stanno.


Marchionne: «L’impianto di Termini Imerese non produrrà più auto» Il polo industriale di Termini Imerese subirà una riconversione nel 2011 e «non si faranno più auto, ma qualcosa di diverso che ancora non si sa». E’ quanto ha affermato Marchionne nell’incontro con il ministro Scajola, confermando quanto era già stato detto lo scorso 16 giugno nell’incontro tra azienda, governo e sindacati. Resta solo l’impegno di non smantellare l’impianto siciliano.
Le motivazioni che inducono l’azienda torinese a non produrre più auto in Sicilia è legata a questioni prettamente economiche. Nel 2004 l’allora capo di Fiat Auto, Herbert Demel, spiegava che un’ora di lavoro costa 30 euro in Polonia e in Turchia, 55 a Melfi, 75 a Pomigliano e Cassino, 80 a Mirafiori e 90 a Termini Imerese. Da allora la situazione, secondo la FIAT, è assolutamente peggiorata tanto da fare costare un’auto prodotta nell’isola ben 1000 euro in più rispetto ad altri stabilimenti.

La fabbrica nacque nel 1970 e si chiamava Sicilfiat, poiché la Regione siciliana, tramite la Sofis (l’ente di finanziamento alle industrie) deteneva il 40% delle azioni, una partecipazione che non durò molto e si esaurì nel 1977. Con 350 addetti veniva prodotta la 500 e nel 1974 le linee montavano la 126. Nel 1978 con l’entrata in produzione della Panda il numero degli addetti crebbe superando le 1.500 unità. Ma il successo della nuova utilitaria FIAT impose la creazione di un terzo turno e, a metà degli anni ’80, gli operai impegnati furono circa 3.200 senza contare gli occupati dell’indotto. I primi problemi arrivano nel 1993 a causa dello scarso successo dell’auto in produzione in quel periodo, la Tipo, migliaia di lavoratori in cassa integrazione a zero ore e un successivo, drastico taglio dei posti di lavoro. La successiva ristrutturazione arriva nel luglio 2002 e porta al licenziamento di 223 lavoratori. La mobilitazione generale delle maestranze e delle forze sociali del territorio fa in modo che Termini sopravviva al piano di ristrutturazione della FIAT che prevedeva la chiusura dello stabilimento. Adesso a Termini si produce la Lancia Ypsilon con 1400 lavoratori nello stabilimento e circa 600 nell’indotto.

La FIAT, dunque, punta a razionalizzare la produzione di auto in Italia e portarla a 900.000 unità l’anno. Marchionne ha infatti più volte ribadito che non è economicamente e razionalmente accettabile per un’azienda moderna che l’unica fabbrica polacca produca esattamente le stesse 600.000 vetture delle cinque fabbriche italiane. Adesso, fino al 21 dicembre il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola avranno incontri una serie di incontri informali con la Fiat, il primo è stato proprio quello con Marchionne, per cercare di migliorare il piano industriale. Poi sarà la volta dei sindacati, uno alla volta, per un confronto a distanza con l’azienda attraverso la mediazione del Governo. Scajola ha espresso l’auspicio, «con Fiat stiamo ragionando su un discorso complessivo riguardante tutti gli stabilimenti in Italia. Saranno valutate ipotesi di riconversione produttiva di Termini».
Il consiglio di fabbrica di Termini Imerese ha subito proclamato lo sciopero immediato dopo le ultime novità e la FIOM ha chiamato a raccolta i sindacati, le forze produttive, le amministrazioni locali, i politici, la Chiesa per chiedere l’adesione compatta ad uno sciopero generale contro la decisione della FIAT. Alla protesta si sono uniti gli operai dell’indotto: i 162 della Lear, che produce componentistica auto, i 63 della Bienne Sud, azienda che si occupa della verniciatura di componenti della Lancia Ypsilon, i 145 dell’ex Ergom, che produce paraurti, plance e serbatoi. Qualcuno ha già aperto su Facebook il gruppo “Chiudete la Fiat di Termini e noi siciliani chiudiamo con Le Fiat...”.


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