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La Fiat e i suoi rapporti americani


07/06/2011

di Giovanni Iozzia

Mentre negli Stati Uniti tutto procede in armonia, in Italia la casa torinese si scontra con politica, sindacati e Confindustria


La Fiat e i suoi rapporti americani La Fiat e i suoi rapporti americaniMentre negli Stati Uniti tutto procede in armonia, in Italia la casa torinese si scontra con politica, sindacati e Confindustria«Quanto è avvenuto negli Usa deve essere letto in Italia in modo positivo. Se è possibile farlo là, è possibile farlo anche qui. Deve cambiare però l’atteggiamento». Lo ha detto Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, e il messaggio è chiaro. Gli Stati Uniti hanno accolto la Fiat a braccia aperte, i sindacati hanno subito siglato gli accordi, la politica ha sostenuto il progetto al massimo livello, perfino con il presidente Barack Obama.

In Italia, invece, le cose sono andate esattamente al contrario. La politica ha fatto quel che ha potuto a livello di governo mentre l’opposizione ha criticato spesso e aspramente. I sindacati se da un lato hanno accondisceso passivamente, e quasi di malavoglia, dall’altro hanno avuto una chiusura totale e dove i soliti strumenti di lotta hanno fallito si è perfino fatto ricorso alla magistratura ordinaria.

E Marchionne, appena arrivato dall’America non nasconde il suo pensiero: «Ieri la gente ringraziava per quello che è stato fatto, invece di insultare».Una proiezione verso gli U.S.A che ha allarmato in parecchi ma l’amministratore delegato del Lingotto rassicura: «Non è cambiato niente il problema non è sulla mia scrivania. La vera questione è lavorare sull’integrazione e la leadership. Dobbiamo fare dei cambiamenti a breve, sarà un’estate molto impegnativa. Dobbiamo trovare una soluzione per la corporate governance che tenga presente che abbiamo una grande entità negli Stati Uniti che produrrà nel Paese tante auto quante la Fiat ne produce nel mondo».

Ma i problemi italiani della Fiat non riguardano solo i rapporti con la politica ed i sindacati, adesso si è aperto un fronte conflittuale con Confindustria. «Nessuna ostilità – spiega Marchionne - ma bisogna salvaguardare l’industria Fiat e assicurare che il piano industriale venga rispettato. L’appartenenza a Confindustria non può indebolirci. Capisco le ragioni storiche ma la Fiat viene prima di tutto».

Alle parole di Marchionne replica il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: «Marchionne chiede un atteggiamento più favorevole dell’Italia, sapendo peraltro che il governo, Regioni, Enti Locali, sindacati riformisti hanno garantito sempre le condizioni più favorevoli. Gli si oppongono, in una non originale sintonia, il sindacato conservatore, settori ideologizzati della magistratura e ambienti delle borghesie bancarie». E risponde anche Giorgio Airaudo, responsabile del Settore auto della Fiom: «Le parole volano, gli scritti restano. Se vuole fare come negli Usa, Marchionne scriva accordi anche per l’Italia, con il governo e le parti sociali».


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